In Italia è difficile comprendere esattamente quali siano gli step per diventare docenti perché queste tappe vengono radicalmente trasformate nell’arco di pochi anni, nonostante una strutturale carenza. Se ad oggi ancora sono poche le voci relative a questa questione, è da attendersi per fine agosto ed inizio settembre l’allarme relativa a questa mancanza: già nel 2023 erano stimati come 30mila i docenti mancanti ed è lecito attendersi un numero più alto (o almeno stabile) in questo 2024. Appurato questo elemento, proviamo a dare ordine a quanto di certo si sa.

I titoli

Per poter accedere all’insegnamento, di qualsiasi ordine e grado, in Italia è prevista l’acquisizione di una laurea (frutto di un percorso in un’università tradizionale o in una telematica come Unicusano). Il percorso relativo all’educazione primaria permette di accedere alle scuole per l’infanzia e alle elementari, le scuole medie e superiori sono invece aperte alle altre possibili lauree: a questo punto, però, subentrano le classi di concorso.

Le classi di concorso

Ogni disciplina che viene insegnata all’interno della scuola pubblica italiana viene assegnata ad una classe di concorso, che perciò ne può accorpare anche più di una, come la A-19, relativa all’insegnamento di storia e filosofia. L’elenco completo si ritrova sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito, ma non corrisponde in maniera precisa ad un corso di laurea. Ad esempio, per poter rientrare nella A-19, occorre essere iscritti a Storia ma, al contempo, sostenere un numero minimo di esami in Filosofia. Viceversa, si può essere ammessi a Filosofia ma occorre avere un certo numero di esami in Storia. Nel caso in cui si è terminato il proprio percorso di studi, è possibile integrare i CFU già acquisiti con vari master per ambire a diventare insegnanti, scegliendo quelli più affini al percorso già praticato. Inoltre, è facoltà del singolo studente iscriversi ai singoli corsi, sotto forma di crediti liberi: opzione utile nel caso gli esami mancanti siano uno o poco più.

L’abilitazione

L’abilitazione all’insegnamento è il vero nodo cruciale che prescinde dalle classi di concorso. Oltre a quanto già detto, infatti, è richiesto un numero di crediti in determinati ambiti per poter accedere alle classi di concorso: solitamente in discipline che afferiscono la psicologia, la didattica e l’antropologia. In pochi anni il numero di CFU richiesti si è però notevolmente alzato, dai 24 si è passati ai 36 fino ai possibili 60 della Riforma Bianchi, in partenza il prossimo 1° gennaio (salvo ulteriori cambiamenti).

L’assunzione

L’assunzione vera e propria di un insegnante può passare solo tramite concorso pubblico, bandito direttamente dal ministero. L’unica alternativa sono le MAD, cioè le richieste che i singoli possono fare alle scuole in caso di bisogni particolari come supplenze o insegnanti di sostegno. Si tratta però di incarichi esclusivamente temporanei: l’unico modo per ottenere una cattedra fissa è passare attraverso il concorso.

Gli orari

Gli orari di lavoro dipendono dal tipo di scuola presso cui si è inseriti. Nel caso della scuola per l’infanzia, il contratto collettivo nazionale fa riferimento a 25 ore settimanali. Si scende a 22 nel caso della scuola primaria e 18 per quella secondaria, sia alle medie che alle scuole superiore. Questo orario si intende come insegnamento in classe, a cui occorre aggiungere 40 ore annue per il collegio dei docenti e altrettanti per i consigli di classe.

La mobilità

Una volta ottenuto il contratto di ruolo, è possibile chiedere il trasferimento presso un altro istituto, rimanendo nella stessa classe di concorso. Si può inoltre chiedere un cambio di cattedra cambiando contestualmente la classe di concorso, con ovviamente i requisiti richiesti. È possibile inoltre una mobilità annuale chiedendo di mantenere la titolarità nella scuola in cui si è assunti ma, per un anno scolastico, lavorare presso un altro istituto.